Rispetto ai suoi colleghi
scientifici il laureato in materie umanistiche forse ha una marcia in più: il
mondo dell’informazione –inteso come metodo di ricerca, lettura e analisi dei
segni- è il suo mondo. Oggi ci troviamo in una situazione simile a quella di
Edison e Siemens, quando alla fine dell’Ottocento crearono le grandi compagnie
elettriche. Entrambi dovettero reclutare i primi tecnici dell’elettricità fra i
telegrafisti –gli unici che avevano competenze appropriate. Un esempio più
vicino alla nostra sensibilità ci viene da Walter Benjamin a proposito del
“riciclarsi” dei pittori di miniature, che già verso il 1840 diventarono
“fotografi professionisti, dapprima a tempo perso, poi in modo esclusivo. Le
esperienze derivanti dal loro precedente mestiere erano loro d’aiuto, e l’alto
livello delle loro realizzazioni fotografiche è dovuto non alla loro
preparazione artistica bensì alla loro perizia artigianale”. Entrambe le
vicende ci suggeriscono che l’innovazione tecnologica fa emergere
professionalità e mestieri ibridi, e che in un determinato momento storico si
apre uno spazio molto vasto per la sperimentazione e la creatività dei singoli.
Successivamente il sistema si stabilizza e a poco a poco gli spazi si chiudono:
nascono gli equilibri monopolistici e i cartelli e le istituzioni educative
fissano i percorsi di formazione. In questo momento il problema maggiore è la
consapevolezza, soprattutto da parte degli umanisti, di queste potenzialità
professionali e del poco tempo a nostra disposizione. Gli umanisti devono far
sentire la loro voce lì dove le nuove tecnologie tracciano i contorni delle
professioni future. Un futuro dal quale il bias della testualità, come abbiamo visto,
non è affatto bandito.
Come avrete intuito dall'inizio del post (e anche dalla conclusione dello scritto che si propone in Pdf), Il primo scritto di questo blog non è dedicato solo alla filologia (nelle prossime "puntate" si comincerà a parlare della stessa definizione e quest'iscrizione sarà cancellata e sostituita con un link e questa sarà solo una delle tante varianti virtuali): "Il metodo di Lachmann ai tempi di Google" è il tanto breve quanto ambizioso scritto, che dal relatore venne definito "come fare una tesi in filologia della letteratura italiana senza parlare della letteratura italiana" (definizione in realtà errata perché vengono citati grandi italiani, da Dante ai filologi italiani che hanno contribuito al dibattito filologico internazionale, anche se bisogna ammettere che un grande, nel breve, spazio è dedicato principalmente al mondo dei motori di ricerca, di Internet e del Metodo di Lachmann per la sua importanza didattica) ...