mercoledì 19 agosto 2020

L’APPRENDIMENTO “SOCIAL” E LA SCRITTURA COLLABORATIVA

ABSTRACT

Questo breve studio esplorativo sugli strumenti “social” per la didattica, l’apprendimento e la produzione di contenuti, ha il principale obiettivo di raccogliere alcune definizioni basilari per comprendere cosa sono il “social learning” e l“editing collaborativo”, oltre a fornire alcuni esempi di questi.

 

INTRODUZIONE.......................................................................................................................... 1

MEGLIO L’E-BOOK O IL CARTACEO?!................................................................................... 2

MEGLIO LA LEZIONE FRONTALE, REGISTRATA O “CAPOVOLTA”?!.......................... 3

PARTE 1: DEFINIZIONI.............................................................................................................. 4

1,1 WEB 2.0 e UGC........................................................................................................................ 4

1,2 SOCIAL NETWORK, SOCIAL MEDIA O SEMPLICEMENTE “SOCIAL”..................... 5

1,3 STRUMENTI E RISORSE PER IL SOCIAL LEARNING.................................................... 6

1,4 RISORSE EDUCATIVE APERTE: DALL’OPEN SOURCE ALL’OPEN LEARNING.... 6

1,5 SCRITTURA COLLABORATIVA O COLLABORATIVE EDITING E I GROUPWARE 7

PARTE 2: ESMPI DI SOCIAL LEARNING TOOLS E DI EDITING COLLABORATIVO... 8

2,1 DUE ESEMPI DI SOCIAL LEARNING TOOLS: MENDELEY E COMMONSPACES.. 8

2,2 ALCUNI ESEMPI DI EDITING COLLABORATIVO: DALL’ENCICLOPEDIA ALLA MAPPA MENTALE, PASSANDO PER LA NARRATIVA “INTRECCIATA”....................................... 9

2,3 I SOCIAL “NON DIDATTICI”............................................................................................... 9

CONCLUSIONI........................................................................................................................... 10

 

 

 

INTRODUZIONE

L'uso dei social media in ambito didattico sembra diventare sempre più diffuso (che si tratti di "social" esclusivamente ideati per fini formativi o meno), insieme a quello di piattaforme e strumenti di editing collaborativo ed "e-learning". Altrettanto diffusa sembra la propensione a preferire metodi di insegnamento e apprendimento più tradizionali, come la lezione frontale, mostrando un certo scetticismo nell’uso di strumenti informatici, e quindi, per esempio, verso le lezioni video in diretta o differita “a distanza”, preferendo invece metodi tradizionali come il “faccia a faccia”[1].

Il fine di questo studio non è stabilire quale sia l’attitudine prevalente anche perché, accanto alle “vocazioni”, alle “visioni” di una didattica più tradizionale e una più innovativa, se ne aggiunge almeno una terza: è quella della fusione di tecnologie più recenti e “digitali” con quelle precedenti e “analogiche”. Tendenza destinata, a detta di chi scrive, a diventare un nuovo modello di insegnamento e apprendimento (sempre ammettendo che un cambiamento radicale in realtà non sia in corso o già avvenuto, almeno in parte).

Obiettivo principale di questo scritto è quello di fornire delle definizioni di espressioni particolarmente rilevanti negli ambiti “social” dell’apprendimento e della produzione di contenuti. Si partirà da quelle di “social media” e “social network” per arrivare a quelle affini a queste come “social learning tools”.

Dopo aver cercato di fare chiarezza “sulle parole” si menzioneranno alcuni programmi per il “social learning” e il “collaborative editing” dedicati all’ambito scolastico. Si parlerà quindi di strumenti per gestire le citazioni come Mendeley, che funge anche da social media in ambito accademico, di piattaforme per la scrittura collaborativa come Wikipedia o Intertwine, di piattaforme dedicate esclusivamente alla “sfera accademica” come CommonSpace e si accennerà all’uso di piattaforme e social media come Twitter e Facebook, oltre a un certo tipo di uso “collaborativo” di uno strumento come un blog, originariamente concepito come una sorta di registro o diario “personale”, per citare un esempio (similmente si può usare per comunicare oralmente e in maniera scritta, con più persone in tempo reale, per fini didattici o lavorativi, usando un’app come Discord, originariamente pensata come chat per videogiochi).

 

giovedì 25 aprile 2013

Il metodo di Lachmann ai tempi di Google



Rispetto ai suoi colleghi scientifici il laureato in materie umanistiche forse ha una marcia in più: il mondo dell’informazione –inteso come metodo di ricerca, lettura e analisi dei segni- è il suo mondo. Oggi ci troviamo in una situazione simile a quella di Edison e Siemens, quando alla fine dell’Ottocento crearono le grandi compagnie elettriche. Entrambi dovettero reclutare i primi tecnici dell’elettricità fra i telegrafisti –gli unici che avevano competenze appropriate. Un esempio più vicino alla nostra sensibilità ci viene da Walter Benjamin a proposito del “riciclarsi” dei pittori di miniature, che già verso il 1840 diventarono “fotografi professionisti, dapprima a tempo perso, poi in modo esclusivo. Le esperienze derivanti dal loro precedente mestiere erano loro d’aiuto, e l’alto livello delle loro realizzazioni fotografiche è dovuto non alla loro preparazione artistica bensì alla loro perizia artigianale”. Entrambe le vicende ci suggeriscono che l’innovazione tecnologica fa emergere professionalità e mestieri ibridi, e che in un determinato momento storico si apre uno spazio molto vasto per la sperimentazione e la creatività dei singoli. Successivamente il sistema si stabilizza e a poco a poco gli spazi si chiudono: nascono gli equilibri monopolistici e i cartelli e le istituzioni educative fissano i percorsi di formazione. In questo momento il problema maggiore è la consapevolezza, soprattutto da parte degli umanisti, di queste potenzialità professionali e del poco tempo a nostra disposizione. Gli umanisti devono far sentire la loro voce lì dove le nuove tecnologie tracciano i contorni delle professioni future. Un futuro dal quale il  bias della testualità, come abbiamo visto, non è affatto bandito.

Concludendo, mi pare di poter dire che, grazie alla digitalizzazione, le humanities stanno uscendo dalla loro “infanzia”. È stata un’infanzia dorata, all’interno di un giardino elitario: l’alfabetizzazione. Questo è un problema che il libro, da solo, non ha saputo risolvere. Certo non possiamo dare la colpa (o il merito) ai supporti, ma è lecito sperare che il computer acceleri i processi di diffusione della lettura e della scrittura e, insieme, ci aiuti ad andare oltre. La rete è già adesso uno strumento di comunicazione e insieme un’architettura di conoscenza più aperta e più complessa del mondo della stampa. Il documento scritto –pensiamo alle leggi e alle carte costituzionali- ha impiegato secoli per raggiungere, e poi per creare (e solo in alcuni paesi), un pubblico di massa. La televisione lo ha fatto in una generazione. Internet lo farà in un paio di decenni. L’umanista informatico –manipolatore di segni- non può che rallegrarsene" Domenico Fiormonte

Come avrete intuito dall'inizio del post (e anche dalla conclusione dello scritto che si propone in Pdf), Il primo scritto di questo blog non è dedicato solo alla filologia (nelle prossime "puntate" si comincerà a parlare della stessa definizione e quest'iscrizione sarà cancellata e sostituita con un link e questa sarà solo una delle tante varianti virtuali): "Il metodo di Lachmann ai tempi di Google" è il tanto breve quanto ambizioso scritto, che dal relatore venne definito "come fare una tesi in filologia della letteratura italiana senza parlare della letteratura italiana" (definizione in realtà errata perché vengono citati grandi italiani, da Dante ai filologi italiani che hanno contribuito al dibattito filologico internazionale, anche se bisogna ammettere che un grande, nel breve, spazio è dedicato principalmente al mondo dei motori di ricerca, di Internet e del Metodo di Lachmann per la sua importanza didattica) ...